Uno dei musical di maggior successo di tutti i tempi, in qualche modo assimilabile a una vera e propria opera

Ne ho parlato alla Radio Svizzera in lingua italiana con Giorgio Appolonia, ne parlo anche qui: Les Misérables. Uno dei musical di maggior successo di tutti i tempi (sito ufficiale). È stato composto nel 1980 da Claude-Michel Schönberg su un libretto di Alain Boublil (gli stessi autori di Miss Saigon). È un musical tutto cantato, privo di dialogo, e in questo è simile a una vera e propria opera. Ha debuttato a Parigi nel 1981, a Londra nel 1985 e a New York nel 1987; a Londra è tuttora in scena ed è il musical che ha raggiunto il maggior numero di rappresentazioni della storia. Più che un musical, Les Misérables è una leggenda.
Nel West End (ovvero nei maggiori teatri londinesi), e a Broadway, la riuscita di uno spettacolo si misura in termini di numero delle rappresentazioni: a Londra quelle di Les Misérables sono ormai più di 9.000 e a New York sono state per la precisione 7.176. Io l’ho visto a New York oltre 10 anni fa e ho pianto tutte le mie lacrime. A chi intenda recarsi a vederlo, consiglio di portare con sé una buona scorta di fazzoletti di carta.
Les Misérables: la trama e le canzoni
Les Mis o Les Miz, pronunciato “Leimìs”, come lo chiamano confidenzialmente inglesi e americani (la prima volta che lo sentii dire da un regista newyorkese pensai: ma che significa?) è ovviamente basato sul capolavoro di Victor Hugo, il romanzo I Miserabili. I personaggi principali sono Jean Valjean, un galeotto fuggito di prigione e costretto a inventarsi un’identità fittizia, e l’ispettore di polizia Javert, l’antagonista, ossessionato dall’idea di metterlo in prigione. C’è poi Fantine, un’operaia che ha una figlia illegittima: Cosette, la bambina il cui ritratto è l’icona del musical.
Ed è di Fantine, sua madre, l’aria che propongo, nell’interpretazione di Anne Hathaway dal film-kolossal che nel 2012 fu tratto dal musical teatrale (film che ha valso alla Hathaway un Oscar come miglior attrice non protagonista). È una delle arie più famose: I Dreamed a Dream. Fuggito di prigione, Jean Valjean ha costruito una piccola fortuna ed è proprietario di una fabbrica; Fantine lavora per lui, ma quando i suoi superiori vengono a sapere che ha una figlia illegittima la licenziano all’insaputa del principale. E così lei canta:
Un tempo ero piena di speranza e la vita era degna di essere vissuta. Ero convinta che l’amore sarebbe durato per sempre e che Dio avrebbe perdonato tutto. Ma poi arrivano le fiere, nel cuore della notte, con la loro voce di tuono; strappano via la speranza e ti fanno vergognare dei tuoi sogni.
Per mantenere la piccola Cosette, Fantine è costretta a vendere i capelli, poi a vendere i denti, finché non si prostituisce, si ammala e muore tra le braccia di Valjean, travolto dai sensi di colpa. L’uomo le promette che si prenderà cura di Cosette e che la alleverà come una figlia.
Cosette abita presso una coppia di locandieri ladruncoli e senza scrupoli; a loro, Fantine mandava i soldi per mantenerla — soldi che loro intascavano per poi trattare la bambina come una servetta. Sono i coniugi Thénardier, personaggi che portano l’elemento comico nel musical. Valjean la sottrae alle loro grinfie e la prende con sé.
Anni dopo, sempre inseguito dal terribile Javert che vuole riportarlo in prigione e al quale riesce a scappare sempre per il rotto della cuffia, Jean Valjean ha ormai una figlia in età da marito. Cosette infatti conosce Marius, un giovane rivoluzionario, e si innamora di lui, che la ricambia. Ma di Marius è innamorata, senza speranza, anche un’altra ragazza: Éponine, nientemeno che la figlia dei Thénardier.
Siamo nel 1832 e la Francia è in fermento. Sul trono siede Luigi Filippo d’Orléans, eletto dal Parlamento Re dei Francesi. Pensavano tutti che sarebbe stato un sovrano liberale, e invece lui ha tolto la libertà di stampa. Scoppia la rivoluzione, e si tratta dei moti del luglio 1832, che furono repressi nel sangue. Ferita a morte, Éponine muore tra le braccia di Marius. Anche Valjean è coinvolto nella rivoluzione; Javert, che è un poliziotto quindi il nemico dei rivoluzionari, viene catturato e Valjean ha la possibilità di ucciderlo, ma invece lo lascia libero. Quando poi viene a sapere che si prepara un attacco al quale parteciperà anche Marius, prega Dio di farlo sopravvivere, perché Cosette ha bisogno di lui: è la bellissima aria Bring Him Home, riportalo a casa.
Ascolta la mia preghiera, Dio. Quando ho avuto bisogno di te, tu ci sei sempre stato. Questo ragazzo è il figlio che avrei potuto avere. Lascia che torni a casa. Le estati passano, una dopo l’altra. Volano via così rapidamente… ormai io sono vecchio. Tu che puoi prendere e puoi dare, prendi me e lascia a lui la vita.
Durante l’attacco Marius viene ferito gravemente, e Jean Valjean se lo carica sulle spalle e lo porta in salvo attraverso le fogne di Parigi. Ed è lì che incontra nuovamente Javert: è il confronto finale.
Javert è un grande antagonista (il grande antagonista rende grande il protagonista e grandiosa la stessa storia, come sappiamo). Valjean gli chiede solo un’ora di tempo, perché possa portare Marius dal medico, altrimenti il ragazzo morirà; poi si consegnerà a lui. Ma quando Valjean gli si consegna, Javert non resiste al confronto con quell’uomo così giusto e così lontano dal criminale che lui aveva inseguito per tutta la vita, e si suicida buttandosi nella Senna.
La storia di Victor Hugo prosegue, ma il musical Les Misérables finisce qui (una scelta necessaria, perché la materia del romanzo è immensa). Cosette e Marius si sposano, Marius apprende che Valjean gli ha salvato la vita e Valjean dice a Cosette tutta la verità: lei non sapeva né di non essere davvero sua figlia, né che lui fosse stato un galeotto. E così, pacificato, l’uomo può morire nel suo letto, circondato dai suoi affetti.
Nella scena finale, di grande effetto e assolutamente strappalacrime, anche Fantine ed Éponine riappaiono accanto a lui, per portarlo in Paradiso. E in questo momento d’insieme i tre cantano:
To love another person is to see the face of God.
Amare un’altra persona è vedere il volto di Dio.
Grazie,molto carino, ce l’ho perfino fatta ad ascoltare il podcast