Ancora sul rapporto tra verità e finzione nella narrativa storica
Tempo fa, mentre effettuavo le ricerche relative al mio romanzo La strana giornata di Alexandre Dumas, mi sono imbattuta in uno scrittore francese non particolarmente noto — malgrado abbia vinto il premio Goncourt nel 1928: Maurice Constantin-Weyer. Constantin era il suo cognome e Weyer quello della moglie; credo sia l’unico uomo al mondo ad aver aggiunto al proprio cognome quello della donna che ha sposato, e questo me lo rende simpatico.

(Almeno un altro caso celebre, per la verità, c’è: quello di Frédéric Joliot-Curie, che sposò Irène Curie, figlia di Pierre Curie e Maria Skłodowska, ossia Madame Curie, e ottenne insieme a lei il Nobel per la chimica nel 1935).
Maurice Constantin-Weyer nacque nel 1881, morì nel 1964 e scrisse ben 54 libri, tra i quali il romanzo L’aventure vécue de Dumas père (Genève, Editions du Milieu du Monde, 1944). Nella prefazione a quest’ultimo, fa la seguente autodifesa:
Diversi eminenti critici hanno condannato la biografia romanzata – e qualunque biografia lo è così facilmente! – come un genere ‘falso’. Debbo confessare che non so bene cosa sia un genere ‘falso’. […] Per chi ha vissuto due guerre e i loro comunicati, e passato un buon numero di anni nelle sale di redazione, il ‘documento’ perde ogni rispettabilità. Diventa persino sospetto. Un solo comunicato serve a due fini opposti. Una sola informazione si presta a venti verità diverse. […] E siamo sicuri, peraltro, che esista una verità assoluta? Più divento vecchio e meno mi sembra possibile.
Vero e falso
La questione della linea di demarcazione tra ‘vero’ e ‘falso’ è di primaria importanza nella narrativa storica: l’autore deve senz’altro decidere fin dall’inizio quanta parte di invenzione inserirà nel suo racconto, e di quale natura. Tuttavia, mi sembra che debba soprattutto decidere di non dare troppo ascolto alle voci dei paladini della verità. “Ricamare con la fantasia su fatti documentati è un atto inutile. Le biografie romanzate sono roba di terz’ordine. Sono una profanazione. Chi le scrive vuole sfruttare la fama dei personaggi storici e infangarne la memoria.” Queste voci rischiano di inquinare la creatività e causare il tristemente noto blocco dello scrittore.
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Sospetto che i paladini della verità tendano a inalberarsi non tanto per difendere i personaggi storici, quanto la visione che hanno di essi, alla quale sono comprensibilmente affezionati. Inoltre, non mi sentirei di enfatizzare questo presunto conflitto tra vero e falso. Mi sentirei di affermare, piuttosto, che l’opera di finzione crea un altro tipo di realtà, che non è meno reale della vita reale. Basata o meno che sia su fatti documentati, l’opera di finzione, se riesce nell’intento di comunicare, entra nella vita quotidiana del fruitore e diviene così reale a tutti gli effetti.
Temo sia più complesso, per un autore, creare e onorare una verità psicologica che non attenersi a una verità storica; la quale è poi sempre presunta, poiché i pareri degli storici divergono quasi su tutto.
Il Gladiatore
Inoltre, non è detto che un evento realmente accaduto sembri più vero di un evento nato dalla fantasia, e viceversa.

Farò un esempio eclatante, tratto dal cinema. L’imperatore romano Commodo (161-192) aveva la mania dei giochi e delle feste, amava prodursi in pubblico come gladiatore e fu ucciso da un atleta. Nel celebre e notevole film Il gladiatore (2000, scritto da David Franzoni e diretto da Ridley Scott), Commodo viene ucciso dal protagonista (Russel Crowe) nel bel mezzo del Colosseo. Mi sembra che questo episodio non appaia storicamente troppo credibile, eppure è basato su un dato reale. Al contrario, il fatto che all’inizio del film Commodo uccida Marco Aurelio, suo padre, che non credo sia documentato, è molto credibile. La morte di Commodo sembra incoerente sul piano storico perché non lo è sul piano psicologico, e obbedisce soprattutto alla logica di offrire allo spettatore un confronto finale e radicalizzato tra bene e male, che lo soddisfi. L’uccisione di Marco Aurelio, invece, è un evento sorprendente, è perfetta sia nelle premesse che nelle conseguenze, e rivela la follia del personaggio come meglio non si poteva fare.
Ciao,
volevo ringraziarti per avermi dato l’idea di inserire anche il bottone di Facebook. Non ci avevo pensato!
Ho anche citato il tuo blog nell’articolo
http://parsifal32.blogspot.com/2009/03/come-aggiungere-un-bottone-per.html
A risentirci, Ernesto
Grazie a te! Mettere a disposizione le proprie conoscenze è una cosa bellissima. Mi hai dato un grande aiuto e sono certa che hai aiutato molti altri blogger.
Chi ha bisogno di trucchi e suggerimenti per il proprio blog, consulti senz’altro quello di parsifal32!
Veramente molto gentile,
anche troppo, non sono abituato 🙂
Ciao di nuovo
L’articolo è complesso, ma interessante. Grazie.