L’Aquila e «Annozero»

A proposito di una polemica attorno al programma TV di Michele Santoro e al modo in cui vi è stato raccontato il terremoto dell’Aquila

Questo articolo è del 2009.

Questa mattina il consiglio di amministrazione della Rai prenderà una decisione sul “caso Annozero”: la puntata del programma intitolata Resurrezione, del 9 aprile, in seguito alla quale si è decisa la sospensione di Vauro per via di una vignetta ritenuta offensiva, e la puntata Caccia all’abusivo del 16 aprile.

Nell’attesa di sapere cosa deciderà il consiglio, ho pensato di pubblicare un interessante commento sulla questione, risalente al 13 aprile. L’ha scritto l’amica Giorgina Cantalini, aquilana, attrice e pedagoga. La notte del terremoto lei era a Roma, dove vive da anni, ma la sua famiglia era all’Aquila. I suoi stanno bene; altri parenti sono però alloggiati nelle tende e, come è noto, piove ininterrottamente da giorni. Altri ancora hanno perso tutto.


Leggo degli attacchi a Santoro da parte del Premier, del Presidente della Camera, del senatore Gasparri e ne trovo anche in alcuni post su Facebook. Sono Aquilana, vivo a Roma, tutta la mia famiglia era a L’Aquila, sono tutti sfollati… parlo, voglio dire, essendo stata lì e avendo parlato con chi era lì.

Ho visto la trasmissione incriminata con attenzione e, devo dire, con preoccupazione. Cado dalle nuvole rispetto all’accusa di ‘indecenza’. Io non ho visto la trasmissione che descrivono gli accusatori, quella lì non è mai andata in onda; come Aquilana quella che ho visto non solo non l’ho trovata indecente, ma anzi l’ho trovata ‘necessaria’. Psicologicamente necessaria, per la paura, il lutto, la strage, lo scandalo delle costruzioni di burro e soprattutto il senso di umiliazione che ora molti provano per non avere capito prima i segnali che la natura stava mandando.

Quelli che accusano non hanno visto la trasmissione, o sono disattenti, o allora forse bisogna proprio constatare che la verità fa paura. Santoro, che ha offerto una visione di che cosa stava accadendo a L’Aquila subito prima e subito dopo la scossa di domenica, ha ripetutamente sottolineato quale fosse uno dei punti chiave su cui indagare: era giusto o meno dare l’allarme? Se c’era il 50% delle possibilità che arrivasse la scossa distruttiva, è stato giusto tacerlo? E soprattutto: se c’era questo 50% perché non esisteva già un piano di emergenza e invece l’emergenza è stata pensata e coordinata dopo il disastro, quindi con l’inevitabile confusione delle prime ore?

Il problema su cui è stato posto il focus ripetutamente (oltre alla questione ‘case e ospedali di burro’) era la scelta di atteggiamento avuta nel pre-allarme (cioè la scelta di non intervento) dagli organi preposti, non dell’avvenuta emergenza (che è stata continuamente lodata). Sono stati sottolineati tre problemi: la mancanza di fondi per la gestione della prevenzione rischi (ma allora di quale sicurezza si parla, quando si parla di sicurezza?), i troppi incarichi di Bertolaso (che deve occuparsi anche di ‘grandi eventi’ oltre che di emergenze territoriali) e infine che l’edilizia pubblica in Italia è in percentuale notevole in mano alla criminalità organizzata, che garantisce costi di costruzione ‘bassi’ (in realtà truccati, cioè per esempio sabbia al posto del cemento) in cambio di voti, se non di mazzette. Tre questioni chiare e necessarie.

A mio avviso chi attacca non riesce a vedere una differenza tra prevenzione del disastro e disastro avvenuto (per disattenzione: come quando per gli studenti ‘esame’ e ‘bocciatura’ sono la stessa cosa, perché nel momento cruciale sono ottenebrati dall’emotività). O, ancora peggio, chi attacca vuol evitare di arrivare al punto chiave, le responsabilità, e si rifugia nella solita ‘caccia all’untore’.

Io come Aquilana, per fortuna non presente alla scossa, avevo bisogno che qualcuno facesse una trasmissione così: che guardasse cosa fosse successo e provasse a far capire che è la saggezza che conta, oltre ai buoni sentimenti, e che la saggezza è una cosa complicata da costruire, istante dopo istante. Se il mio governo attacca chi prova ad esercitare saggezza guardando in faccia agli errori e chiamando ciò ‘faziosità’, in nome di una presunta indecenza, cioè mette sullo stesso piano fatti e sentimenti, allora io posso concludere che questa tragedia non servirà a nulla.

E chiunque attacchi questo tipo di informazione è come se sottolineasse la sua non volontà di ragionare e stare sulle cose per come sono. Allora sì che mi prende il panico per il futuro, e penso che L’Aquila è perduta.

Giorgina Cantalini

About

Questo è il sito di Rita Charbonnier, autrice dei romanzi Figlia del cuore (di prossima uscita per Marcos y Marcos), La sorella di Mozart (Corbaccio 2006, Piemme Bestseller 2011), La strana giornata di Alexandre Dumas e Le due vite di Elsa (Piemme 2009 e 2011). Scopri di più...

    2 commenti su “L’Aquila e «Annozero»

    1. Mi dispiace deludere la signora cantalini, ma io l’ho vista la trasmissione incriminata condotta da Santoro, e non trovo un termine migliore di “faziosa” per poterla descrivere.
      Tutte le osservazione che sono state condotte sulla necessità di intervenire PRIMA che accadesse il disastro, visto che di segnali già ce n’erano stati a sufficienza, sono di per sè inconfutabili. Ciò che proprio non tollero è la strumentalizzazione politica che, ancora una volta, è stata fatta di una vicenda così drammatica.
      Purtroppo si tratta della caratteristica principale del sistema di comunicazione italiano; e non venitemi a dire, per piacere, che trasmissioni come “Annozero” non sono faziose.

      detto questo, tutto il mio affetto alle vittime del sisma

    2. Gentile Irene, in verità non credo che Giorgina, o chiunque altro, possa rimanere particolarmente “delusa” da una sua affermazione. La dispiaciuta, piuttosto, sono io, perché nell’esporre qui il suo pensiero ho esposto anche la sua persona ad attacchi più o meno velati e senz’altro polemici. Io il suo pensiero non solo lo rispetto, in quanto proveniente da un individuo che è dentro il problema più di me, ma lo condivido; si tratta di una consonanza molto personale, e se vogliamo anche privata. E non mi piace essere inserita, a suon di “voi non venitemi a dire”, in presunte e ipotetiche congreghe. Quindi, cortesemente, non mi ci inserisca. Grazie.

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