A proposito del terremoto dell’Aquila e di chi si sbraccia sui social… e forse solo sui social
Questo articolo è del 2009.

Ho visto in streaming un’intervista con Paolo Attivissimo all’interno di un programma della televisione svizzera in lingua italiana. Il giornalista affermava che Facebook ha i giorni contati; i giovanissimi si stanno già spostando su altri media sociali e i fenomeni di Internet hanno sempre un inizio in sordina, un’espansione e un rapido sgonfiamento. Vedremo se ha ragione.
Il cuore d’oro degli utenti Facebook
La mattina dopo il terribile terremoto a L’Aquila, dopo aver fatto colazione ho acceso Radio 24 e mi sono collegata a Facebook. Avevo programmato di caricare il booktrailer del mio nuovo romanzo proprio per quella mattina. Apprendere dalla radio che la scossetta avvertita a Roma durante la notte aveva avuto a L’Aquila conseguenze devastanti, è stata ovviamente un’amara sorpresa. Il pensiero è corso agli amici abruzzesi e ai colleghi ormai persi di vista che abitavano proprio nel centro storico della città. Tutti salvi, comunque, loro e le loro famiglie. Nella disgrazia dell’aver perso la casa, sono stati graziati.
Poi mi sono chiesta se, a quel punto, fosse il caso di caricare il video. Già su Facebook imperversavano comunicati: serve sangue! Chiamate questo numero! Copiate e incollate questa frase sul vostro profilo! Io prima di dare una notizia magari provo a vedere se non è una panzana, e allora ho cercato di comporre alcuni di quei numeri. Nessuno funzionava. E intanto fioccavano gli annunci relativi alla logistica: chi ha una casa libera chiami questo numero per metterla a disposizione degli sfollati! E poi quelli relativi alla raccolta fondi: è stato attivato un conto corrente apposito, fate la vostra donazione qui! Che poi, come si sa, in qualche caso i dati bancari erano quelli di un furbacchione che si è intascato il presunto contributo.
Era uno sbracciarsi convulso e privo del più elementare discernimento; è ovvio che se uno ha una casa sull’Adriatico e intende metterla a disposizione degli sfollati (l’ha fatto notare Andrea Purgatori) deve comunicare il fatto al Comune nel quale la casa si trova, e basta. Non serve a niente diffondere un numero di telefono (falso). Quello sbracciarsi non era soprattutto un modo di far vedere agli altri quanto si è buoni e bravi? Nel dubbio, ho caricato il video del romanzo e ho mandato una email ai miei contatti, spiegando che mi ero decisa dopo lunghi tentennamenti e fornendo comunque i recapiti dei centri Avis (verificati) per chi volesse andare a donare il sangue. Dopo neanche cinque minuti mi arriva una secca email da una persona che non ho il piacere di conoscere: questa pubblicità a te stessa, in questo giorno, te la potevi proprio risparmiare.
Il cuore d’oro di chi si mette in vetrina
Ma questo Faccialibro che cos’è? Tante cose. Io ho aperto un profilo perché alcuni scrittori americani mi hanno consigliato di farlo: è un ottimo modo, dicevano, per essere in contatto e scambiarci informazioni. E in effetti adesso sono in contatto con scrittori di diversi Paesi. E l’ho aperto anche, inutile negarlo, perché offre visibilità.

Facebook è prima di tutto una vetrina. Lo dichiara il nome. E chi si mette in vetrina si trasforma facilmente da essere umano in manichino. Si percepisce attraverso la percezione che gli altri hanno di lui; o meglio, attraverso la percezione che lui crede gli altri abbiano di lui. E’ molto facile, affidandosi a Facebook, perdere il senso della realtà. Pubblicare numeri di telefono di terremotati che hanno bisogno di una casa, quasi certamente non serve a niente e quasi certamente è una bufala; molto diverso è fare un’azione concreta. E’ facile persino perdere il senso dell’identità. Avevo da poco aperto il profilo quando sul medesimo sono stata aggredita da una mia ex compagna di liceo che lasciava qua e là messaggi brutti, violenti, nei quali non la riconoscevo, e allora l’ho cancellata dagli amici virtuali. Lei si è infuriata, mi ha scritto email piene di insulti e mi ha cancellata dagli amici reali.
La corrente elettrica e il collegamento a Internet sono due gran belle cose. Ma quel che avviene in assenza dell’uno e dell’altra ha un sapore abbastanza diverso. Questo, probabilmente, ci direbbe chi ha perso tutto. Buona Pasqua.
Aggiornamento. Segnalo il blog di Miss Kappa, una donna che vive(va) a L’Aquila e che riesce a postare quasi quotidianamente notizie di prima mano sulle condizioni della città e degli sfollati. I suoi lettori, per consentirle di continuare a farlo, sono riusciti a farle pervenire un pc dotato di chiavetta per la connessione.
Io ho aperto un profilo (si dice così, mi par di capire) ma non ho ancora capito niente di ciò a cui può servire facebook : in altre parole, non so proprio che farmene.
chissà se ce sentono da stà recchia…un abbraccio,VS
Signora Charbonnier, non credo di essere nel blog giusto per commentare la presentazione del suo secondo libro. Davvero affascinate. Mi riferisco al libro naturalmente, lei è assolutamente fuori discussione. Una cosa mi ha colpito, il fatto che gli pseudo-genitori di Mariastella, nativi e residenti a Modigliana fossero, come lei scrive, neri come la pece. Significa che erano africani di origine o di razza negroide? Siccome lo ritengo abbastanza insolito per quei tempi mi potrebbe chiarire questo punto?
Spero di non essere frainteso, nel senso che la mia è pura curiosità. Grazie e Buona Pasqua
@Urbano: molte grazie dei complimenti e della domanda. In effetti non si vuol intendere che i genitori di Maria Stella fossero africani; (lei ha ragione, per l’Italia dell’epoca sarebbe stato un fatto molto inusuale); ma che fossero comunque molto diversi nei colori e nella struttura fisica dalla presunta figlia: lei longilinea, con la pelle bianchissima, gli occhi verdazzurri e i capelli rossi; loro piccoli e tarchiati, con i capelli di color castano scuro, gli occhi marroni e la pelle olivastra.
Buona Pasqua a lei!
Mi associo a disincatat.
Quanto a Urbano, complmenti per la velocità nel leggere il libro. Io non l’ho ancora acquistato, ma vi porrò presto rimedio
Grazie, Signora Chardonnier, per l’esuriente e solerte risposta.
No signor Leonardo, non ho letto il libro.
Lo farò presto, comunque.
Questo Re Chiappini che il poeta Giusti irride non è certo una novità. E’ un intrigo presumibilmente storico, che non mi risulta sia stato mai romanzato prima d’ora.
Perciò, di nuovo grazie all’affascinante e brillante Signora Rita Charbonnier
ciao Rita, sabato vado a comprare i tuoi libri; spero di trovare anche il primo e poi mi farà piacere parlarne con te
buona serata, marina
@Marina: ti ho già risposto sul tuo blog.
Aspetto le impressioni sul romanzo di Leonardo e anche di Urbano, che mi sembra molto ben informato sull’intrigo che ne costituisce la base.