Estratto da un’intervista che mi ha fatto Angelica Alemanno per Deltanews

Quale credi sia il valore aggiunto della tua esperienza di donna nella scrittura rispetto a un uomo che fa la tua stessa attività? Credi che esista una “scrittura femminile”?
Mi è piuttosto difficile accettare l’idea che esista una differenza a prescindere tra i sessi – a parte quella ovvia delle caratteristiche fisiche: una differenza che riguardi il modo di affrontare la vita e magari i talenti. Una differenza, sottolineo, innata e persino scientificamente definibile. Mi sembra che ognuno abbia una propria vaga visione di questo fenomeno, e che quando tenti di descriverlo cada facilmente nel generico, nello stereotipo, oppure in una discriminazione mascherata. Io preferisco credere che esistano dei ruoli precostituiti, nel sociale e nel privato, che affondano le radici nella nostra storia comune; e che tutti in qualche modo, consapevolmente o meno, perpetuiamo quegli antichi comportamenti (o loro tracce) e così contribuiamo a mantenere tutta una serie di condizioni.
Forse qualcuno potrebbe dire, che so, che la scrittura femminile è più sottile e profonda nell’analisi dei sentimenti; che le donne sanno raccontare meglio le storie d’amore… sono o non sono stereotipi? E non sono facilmente confutabili? E in ogni caso, se è vero che una storia sul pugilato viene scritta più probabilmente da un uomo, non è solo per via del testosterone; è anche perché veniamo tutti indotti ad aderire a idee precostituite di mascolinità e di femminilità. Piuttosto che interrogarsi sulla presunta specificità della scrittura femminile, quindi, mi sembrerebbe interessante occuparsi dei dati: ci sono, tuttora, molte meno scrittrici che scrittori. Possiamo intervenire su questo?
Come pensi si debba relazionare, oggi, la donna al mondo del lavoro, e come credi che sia cambiato il “valore-lavoro” rispetto alla generazione precedente?
In Italia il femminismo è riuscito a cambiare le leggi sul lavoro e sulla famiglia, che fino a pochi decenni fa trattavano le donne come persone con meno diritti. Ma la mentalità non è troppo cambiata, per cui è ancora raro che gli uomini si occupino delle incombenze familiari; e così la figlia di una casalinga a tempo pieno oggi si ritrova ad essere casalinga e lavoratrice; può avere una vita serena solo se ha la possibilità di pagare colf, baby sitter, badanti. Alcuni anni fa frequentavo una ragazza per metà francese che si è poi stabilita a Parigi e si è sposata con un francese. Lei ha un ottimo lavoro. Lui non lavora affatto. Hanno tre figli. Lei li mette al mondo, poi li affida a lui e torna in ufficio; ed è lui a occuparsi dei bambini e della casa. Possiamo immaginare una situazione del genere in Italia?
D’altra parte, mi sembra che oggi vi siano fenomeni preoccupanti che un tempo erano probabilmente meno accentuati. Siamo tornate molto sul corpo e stiamo cedendo al pensiero che esso sia la chiave per ottenere tutto. Anche il lavoro. L’altro giorno leggevo su un giornale una dichiarazione di una ragazza molto brillante, con due lauree, poliglotta, che affermava di mettersi la minigonna ai colloqui di lavoro perché le sue gambe sono innegabilmente più importanti del suo curriculum, per i selezionatori (maschi). Io non ho niente contro le minigonne (le metto anch’io) e credo che ognuno debba avere la libertà di vestirsi come crede. E non ho niente contro la bellezza; se facessi la selezionatrice, anch’io sarei probabilmente più colpita da un bel ragazzo che da un bruttone. Ma prima di tutto guarderei alle sue capacità. Qui invece sembra che si ritenga che una donna è degna di essere inserita in un gruppo di lavoro solo se è piacevole alla vista. Se questa è la cultura dominante, anziché adeguarsi, bisognerebbe contrastarla.
L’ho letta tutta(su Deltanews) in questa notte insonne…pare che sfatare i miti sulle donne sia diventata un’abitudine per te,cara Rita…ma non sono tanto d’accordo sul cancellare le differenze di genere nell’arte.
BV, sono d’accordo con te. Rifiutare in toto il concetto della differenza di genere equivale in fondo a dire “le donne pensano in modo diverso dagli uomini perché fanno i figli”. L’una e l’altra posizione sono ugualmente semplicistiche.
Intervista molto pepata e molto “diretta”. Denota coraggio, libertà di pensiero e, se mi permetti, grandi palle.
Grazie, Salvo. Ho postato l’intervista anche su Facebook e lì si è scatenato il vero delirio: decine e decine di commenti, tutti molto interessanti. Peccato che Facebook abbia vampirizzato in questo modo i blog. Soprattutto perché i post su Facebook sono circoscritti agli utenti, non entrano nei motori di ricerca e dopo un po’ spariscono. Chissà, forse è proprio per questo che lì ci si espone di più.
Che peccato, mi sarebbe piaciuto leggerli. Purtroppo mi sono appena cancellato da facebook. Troppe richieste di amicizia, di far parte di quel gruppo, di quell’altra associazione. Una volta mi hanno proposto di far parte del gruppo “palle di neve”. “Dove le trovo le palle di neve, se sto a mare?” chiedo io.
Gliele vendiamo noi”
“Ma vaffanculo!”
Altri mi chiedevano se volevo diventare loro fan.
Figuriamoci se io, vanitoso come sono, potrei mai diventare fan di di un altro che non sia io.
Forse solo della Charbonnier (faccio uno strappo va) perché scrive divinamente.
Ma graaaaaaazie, Salvo! Troppo buono… e da parte mia non vedo l’ora che esca il tuo nuovo libro!!!
Riguardo a Facebook, io al momento ho in sospeso le seguenti richieste di iscrizione a gruppi:
– “per tutti quelli ke (sic) parlano con i propri animali”
– “Barzellettiamo”
– 4 gruppi relativi alla situazione politica in Iran.
Mi arrivano una decina di richieste al giorno. Per non parlare degli inviti agli “eventi” (da stamattina ne ho ricevuti “solo” 8). E’ talmente tanta la roba che uno alla fine che fa? Dice di no a tutti, e in mezzo alle scemate cancella anche le cose importanti. Se vuoi, prova a dare un’occhiata qui. Ciao!
Ho letto. Ci sarebbe da fare un discorso molto approfondito su internet che ha stravolto il sistema di comunicazione, e tante altre cosette.