Cinque domande ad Andrea Frova

Parla l’autore di Il Cosmo e il Buondio, Biblioteca Universale Rizzoli

Andrea Frova è professore ordinario di Fisica Generale e docente di Acustica Musicale presso l’Università di Roma “La Sapienza”. In passato è stato ricercatore presso i Laboratori AT&T Bell di Murray Hill e professore visitatore nelle università dell’Illinois, di Stoccarda, della California, oltre che presso il Politecnico Federale di Losanna. Ha pubblicato circa 150 articoli scientifici su riviste internazionali nel settore della Fisica della Materia, in particolare sulle proprietà ottiche dei semiconduttori, e oltre 200 articoli su quotidiani e mensili.

Il Cosmo e il Buondio, il libro di Andrea Frova

È autore di numerosi saggi e testi di divulgazione scientifica, tra i quali Perché accade ciò che accade (BUR, 1995), Parola di Galileo, (BUR, 1998), La fisica sotto il naso (BUR, 2001), Armonia celeste e dodecafonia, (BUR, 2006), Se l’uomo avesse le ali (BUR, 2007), vincitore del premio letterario Galileo 2008 per la divulgazione scientifica. Andrea Frova è inoltre autore di narrativa: Il test di coscienza e altri racconti quasi catastrofici (Albatros, 2007) e il romanzo sulla vita di Johann Sebastian Bach Bravo Sebastian (Bompiani, 2007). Diversi suoi libri sono stati tradotti in inglese, giapponese, spagnolo, olandese, portoghese, russo.

Il Cosmo e il Buondio, ultimo lavoro di Andrea Frova, è un dialogo tra l’Onnipotente e i più grandi pensatori e scienziati della storia (Aristotele, Tolomeo, Galileo, Newton, Laplace, Darwin, Einstein…), chiamati a raccolta in un momento drammatico: la terra sta per essere colpita da un cataclisma ed è opportuno riassumere le intuizioni e le imprese che hanno trasformato l’astronomia da una fantasia filosofica in una delle maggiori branche della scienza.

1. Andrea Frova, perché ha deciso di scrivere questo libro? Che cosa, soprattutto, ha desiderato comunicare?

Il 2009 è stato proclamato dall’ONU anno dell’astronomia, perché è il quattrocentesimo anniversario delle prime scoperte di Galileo al telescopio e insieme della pubblicazione delle prime due leggi di Keplero sul moto dei pianeti. L’idea della casa editrice era che fosse opportuno illustrare lo straordinario progresso della cosmologia dalle rudimentali congetture degli antichi filosofi greci alle più avanzate conoscenze teoriche e sperimentali odierne. Non solo una storia dell’astronomia, dunque, ma anche un’analisi del gigantesco sviluppo del potenziale conoscitivo dell’uomo in un lasso di tempo, poche migliaia di anni che, sulla scala della vita della terra e dell’universo, non è che un fuggevole attimo. Scrivere di tale straordinaria avventura è stato per me motivo di grande emozione, e mi auguro di suscitare un analogo sentimento anche nei lettori.

2. A chi si rivolge il suo libro? A chi condivide i suoi princìpi o a chi, magari, ha un punto di vista assai diverso su questi argomenti?

Mi rivolgo un po’ a tutti coloro che hanno curiosità per le vicende dell’universo, e dell’uomo in particolare, ma soprattutto per il rapporto che corre tra l’uomo e lo spazio, meglio, lo spazio-tempo, in cui egli si trova a esistere. C’è un fine alla sua esistenza, o essa è solo il prodotto transitorio e quasi casuale dell’evoluzione che sta avvenendo sulla terra e che può verificarsi in mille altri siti e momenti del cosmo? Il mio punto di vista è totalmente agnostico, e mi illudo che i fatti scientifici che riferisco possano spingere il lettore, almeno quello che sa porsi domande, su analoghe posizioni di chiarezza intellettuale. Ho in mente in particolare i giovani, perché spero di poterli aiutare a sottrarsi all’influenza che religione e dogmatismo irrazionale ancora oggi esercitano su tanti di loro. Curiosamente, quanto più la conoscenza ci ha aperto gli occhi sull’origine e sulla vita dell’universo, tanto più hanno prese piede superstizioni ed atteggiamenti preternaturali.

3. Perché astronomia, evoluzione e mito fusi assieme?

Credo di aver in parte già risposto. L’uomo si è sempre rivolto al cielo con curiosità unita a riverenza. Quando i mezzi a disposizione per indagare il firmamento erano insufficienti (forse lo sono ancora, ma certo enormemente meno di qualche secolo fa), l’uomo è ricorso alla mitologia e alle religioni. Anche perché non è mai mancato chi ha saputo farci sopra buoni affari. E l’evoluzione? Oggi non è possibile capire la storia del cosmo, la storia della vita, la storia (presunta) del futuro senza parlare di evoluzione. Ancora al tempo di Einstein si considerava l’universo statico e sostanzialmente immutabile, benché infinito: oggi si sa che è un sistema in divenire, e forse non solo un sistema, ma un infinito numero di sistemi in divenire.

4. Per quale ragione ha deciso di utilizzare la forma del dialogo?

Affinché il mio racconto si differenziasse dalle tante altre storie dell’astronomia. E’ un dialogo surreale nel quale rivivono gli scienziati di tutti i tempi, fino a includere alcuni dei viventi (che ho presentato sotto falso nome, ma che sono facilmente riconoscibili). Ad esso partecipa lo stesso Onnipotente, cui ho dato una volto più gradevole – e sicuramente più credibile – di quello che ci tramandano le religioni costruite degli uomini. La forma del dialogo e il carattere divulgativo vogliono anche essere un omaggio al nostro grandissimo Galileo. Tale forma mi ha permesso inoltre di tratteggiare le personalità degli uomini che hanno fatto la storia della scienza, elemento tutt’altro che secondario, spesso trascurato.

5. Lei è autore di testi scientifici e divulgativi, ma si è anche cimentato nella narrativa. Quando scrive, in cosa sostanzialmente differisce il suo approccio all’uno e all’altro genere?

Questa è una domanda sottile, che viene, si capisce subito, da una persona del mestiere. Risponderò: non differisce moltissimo, e allo stesso tempo differisce tantissimo. In comune tra i due generi c’è l’essenzialità della chiarezza, della consequenzialità, della fantasia, come abbiamo imparato in primo luogo da Galileo (diceva: “parlar oscuro lo san fare in molti, chiaro pochissimi”). Ciò in cui i due generi differiscono profondamente è nella libertà che concedono all’autore. I generi scientifico professionale e scientifico divulgativo sono del tutto vincolanti: fantasia va bene (Einstein diceva: “la fantasia conta più della conoscenza”), ma fantasia aderente a fatti e realtà obiettivi. Altrimenti si finisce nelle chiacchiere delle pseudoscienze. Il genere narrativo, invece, apre magnifici spazi all’invenzione: uno può partire – perché no – da fatti realmente accaduti, magari autobiografici. Ma poi rompe ogni vincolo e lascia che la penna lo porti lontano, secondo l’umore e l’improvvisazione del momento, creando una realtà alternativa forse più coinvolgente di quella vera. Ed è per questo che, quando si scrive, si lasciano talvolta cadere parole e affermazioni a cui, tutto sommato, non si è nemmeno sicuri di credere.

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Questo è il sito di Rita Charbonnier, autrice dei romanzi Figlia del cuore (di prossima uscita per Marcos y Marcos), La sorella di Mozart (Corbaccio 2006, Piemme Bestseller 2011), La strana giornata di Alexandre Dumas e Le due vite di Elsa (Piemme 2009 e 2011). Scopri di più...

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