Articolo della scrittrice americana Susanne Dunlap, uscito sulla rivista della Historical Novel Society, associazione dedicata al romanzo storico. Qui, in traduzione italiana

Il mio romanzo La sorella di Mozart, tradotto in diverse lingue, è uscito anche negli Stati Uniti. Di seguito un estratto di un corposo saggio della scrittrice americana Susanne Dunlap, uscito sulla rivista della Historical Novel Society, che se ne occupa. In particolare, l’autrice esplora le peculiarità dei romanzi incentrati su figure di musicisti. Il saggio integrale in lingua inglese si trova qui.
Quando la Musica è la Musa
di Susanne Dunlap
Come soggetti biografici, i musicisti non sono diversi dagli altri personaggi storici; a parte il fatto che, probabilmente, sono meno noti al grande pubblico (con alcune eccezioni). Tuttavia, nel ricreare il mondo nel quale visse un compositore o uno strumentista del passato, il romanziere si trova a fronteggiare una difficoltà specifica: come si presenta la musica sulla pagina stampata? Non mi riferisco, naturalmente, alla forma dello spartito, ma piuttosto alla necessità di trasporre il mondo sonoro di un’epoca storica nel mondo verbale del romanzo: è un’impresa possibile? […]

Rita Charbonnier conosce la musica e ha una naturale affinità con le composizioni di Mozart, e questo è stato il punto di partenza del suo romanzo; scoprire poi che il Maestro aveva una sorella sconosciuta e di grande talento ha messo in moto la sua immaginazione creativa. […] Nannerl Mozart, le frustrazioni e le limitazioni imposte dal suo essere donna sono i temi centrali dell’opera, ma la sfida più importante dell’autrice (secondo le sue parole) è stata affrontare “Mozart, un grande personaggio le cui vicende biografiche e artistiche sono note a moltissime persone. Dovevo decidere dove porre la linea di confine tra realtà e finzione. All’inizio non sapevo se mettermi nei panni del restauratore, che colma le parti mancanti del quadro tentando di ridipingerle com’erano all’inizio, o piuttosto dell’architetto, che costruisce un edificio nuovo sui pilastri del vecchio. Alla fine ho scelto questa seconda strada, ma con molta fatica emotiva.”
In una scena de La sorella di Mozart, Nannerl è rabbiosa e depressa perché le è appena stato detto che suo padre e suo fratello faranno un viaggio in Italia mentre lei rimarrà a casa e darà lezioni di musica per sostenere la famiglia. Dal suo confronto con il giovane e impetuoso Mozart emergono con chiarezza da un lato il carattere del grande compositore, nella visione dell’autrice, dall’altro il suo rapporto con la sorella.
“Io ho provato a convincerlo” mormorò dopo un sospiro “ma sai benissimo che è un’impresa impossibile. Cosa avrei dovuto fare? Rifiutarmi di partire anch’io?”
Gli parve di scorgere in lei un segno di assenso; ma era solo la sua immaginazione, perché Nannerl non si era mossa.
“Ci ho riflettuto e ho concluso che nessuno, nei miei panni, lo farebbe. Pensaci: dovrei rinunciare a un’opportunità tanto importante per la mia carriera, per la mia vita stessa? Neanche tu, al mio posto, lo faresti. Ammettilo.”
Lei si arrotolò su se stessa, creando un baratro tra sé e quelle parole.
“Io non posso restare in provincia, Nannerl. Qui la vita non è che una ripetizione di balletti stanchi per una marmaglia di ottusi. C’è tanta musica nuova dentro di me, e so che potrò farla esplodere solo nella libertà di conoscere il mondo.”
Lei forse era riuscita davvero a rendersi temporaneamente sorda.
Ecco la principale difficoltà che incontrano i romanzieri alle prese con le figure storiche celebri: quella di superare le immagini consolidate e il forte attaccamento emotivo dei lettori rispetto a individui che essi sentono di conoscere già bene. Gli amanti di Mozart potrebbero trovare piuttosto sgradevole vederlo dipinto come un ragazzino ambizioso ed egocentrico che, pur comprendendo i sentimenti di sua sorella, non riesce a distogliere lo sguardo dalla propria carriera. Charbonnier ha risolto il problema (come fanno molti) nel concentrarsi non tanto sul personaggio famoso, quanto sui meno famosi individui che lo circondano: Mozart emerge come una personalità decisa e sanguigna nel romanzo, ma le nostre simpatie si dirigono senza dubbio verso la sorella repressa. […]
Eppure il problema della musica rimane; non è chiaro se sia possibile esprimere attraverso le parole quel che la musica significa e ha significato nelle vite di compositori e interpreti. L’autrice ha ammesso di aver saputo fin dal principio che per delineare il ritratto di Nannerl Mozart sarebbe stato necessario “raccontare non solo il suo amore per la musica, ma anche l’amore che la musica, in qualche modo, prova per lei. Dovevo tentare di esprimere la potenza di questa arte e la sua capacità di trasfigurare le emozioni, e comunicarle in modo a un tempo universale e soggettivo.”
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Per sua fortuna, Charbonnier ha potuto attingere ad abilità personali che l’hanno aiutata a entrare, quasi fisicamente, nel mondo musicale della sua protagonista. Ecco come descrive il processo attraverso il quale ha trasformato la musica in parole: “Ricordo quando ho scritto la pagina relativa alla Fantasia KV 397, un brano di Mozart che amo particolarmente. Volevo che suonarlo pacificasse Nannerl con i suoi fantasmi del passato e le facesse comprendere alcune cose che suo fratello le aveva detto, ma che lei non aveva voluto ascoltare. Allora ho programmato la ripetizione continua del cd sul mio impianto stereo, quindi mi sono seduta sul divano, che è proprio accanto al pianoforte, con il computer portatile sullo sgabello del pianoforte stesso e lo spartito della Fantasia poggiato su una sedia. Ascoltando la musica che veniva dalle casse, osservando di tanto in tanto le note stampate, buttavo giù a ruota libera le immagini visive ed emotive che mi comparivano davanti agli occhi, e poi interrompevo il cd e mi alzavo e suonavo io stessa alcuni passaggi, e poi tornavo ad appuntare quel che mi veniva da appuntare, e intanto non riuscivo a impedirmi di piangere…”
Il risultato è una fantasia verbale trascinante per il lettore così come la musica è trascinante per chi la ascolta:
Una violenta cascata di suoni invade l’intero spazio, e le mani velocissime percorrono la tastiera da un estremo all’altro, incrociandosi, e ancora due accordi diradati e un finale inverosimile, che stravolge ogni premessa. E’ un gioco di bambini che rincorrono la palla, a piedi scalzi, e ti fanno la linguaccia, oppure un carillon che si bea della propria petulanza, e ti martella con quei suoni appuntiti, e tu pensi: prima che il brano si concluda, dovremo tornare all’inizio; dovremo recuperare il dolore, e chiudere il cerchio. E invece no. E invece il gioco si ripete con infantile insolenza, e i bimbetti lo chiudono in una risata leggera che è un gaio sberleffo.
La fondamentale caratteristica della musica che si può trasportare sulla pagina, forse, è proprio la sua intrinseca capacità di commuovere l’ascoltatore. […]
Ma qual è la valenza dell’arte musicale in sé? La musica è sufficientemente importante, nella storia dell’umanità, da legittimare un interesse esclusivo, da riuscire a illuminare addirittura un’epoca? […] Se i racconti di guerre e battaglie, sconvolgimenti politici e scoperte straordinarie hanno riguardato le donne in modo periferico, io credo che esista una relazione peculiare tra le donne e la musica, che rappresenta una sorta di microcosmo nella storia. Come Charbonnier ha dimostrato così acutamente ne La sorella di Mozart, le donne potevano avere lo stesso talento degli uomini, lo stesso ineffabile sentire per la musica, la stessa abilità nell’interpretarla, ed essere comunque ostacolate nel realizzare tale potenziale da strutture sociali che dicevano: “le signore educate non devono suonare il violino, o esibirsi in pubblico, o competere con gli uomini”. […]
La musica evidenzia a un tempo il potere e i limiti delle donne, e proprio per questo, credo, io stessa mi sono dedicata alla storia di questa arte non solo come studiosa, ma anche come autrice di narrativa. Trasferire l’esperienza della musica sulla pagina, sia dal punto di vista dell’ascoltatore sia dell’interprete, rappresenta una sfida da molti punti di vista. […]

Forse la maggior gratificazione che deriva dall’aver scritto un libro risiede nello scoprire che un lettore ne ha ricavato qualcosa di buono. Tempo fa trovai su un blog un commento di una ragazza che aveva letto il mio romanzo Liszt’s Kiss e dichiarava di aver deciso di suonare il pianoforte appena giunta all’ultima pagina; questo ha interamente ricompensato il difficile, estenuante processo di scrittura, revisione e promozione del libro stesso.
In fin dei conti, qual è lo scopo del romanzo storico? Quello di riportare alla vita alcuni aspetti del passato; quello di far respirare la storia, qui e ora, sulla pagina. Se, dunque, il lettore riesce a vedere gli ambienti descritti, tastare la stoffa degli abiti, sentire l’odore dei cibi o degli escrementi, soffrire per la ferita inferta da una spada o gioire per la brezza che spira sul mare, lo scopo è raggiunto; ma lo è ancor più se il lettore riesce a udire la musica che ha sottolineato le vite dei personaggi. Se anche questo accade, quella porzione di storia sarà stata apprezzata in modo nuovo.
Mi auguro che molti altri scrittori decidano di cimentarsi con i romanzi storico-musicali. Benvenuti tra noi! Centinaia di storie aspettano di essere raccontate.
Susanne Dunlap
Bellissimo l’articolo della scrittrice americana. Puntualizza in modo perfetto i pregi del romanzo: i personaggi e le loro emozioni sono descritti con evidenza e verità. La pagina poi in cui l’autrice riesce a rendere la penetrazione della musica nell’anima e le emozioni che essa dà è giustamente messa in rilievo. L’accostamento che vien fatto tra le immagini visive e le note (i bimbi che corrono) è perfetto.
Molte grazie, Ali.
Sapete se Liszt’s kiss esiste anche in italiano?
🙂
Temo di no. I romanzi di Susanne Dunlap non sono ancora stati pubblicati nella nostra lingua. Mi spiace.