La Sala dei Consigli Superiori del Ministero dell’Agricoltura — detta anche Parlamentino — è un gioiello nel cuore di Roma, che merita una visita

All’interno del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali si trova una sala molto bella ma ovviamente chiusa al pubblico, se non in occasioni speciali: la Sala dei Consigli Superiori, altrimenti detta Parlamentino. Per visitarla occorre appoggiarsi a una qualche associazione che ottenga i permessi: io l’ho fatto alcuni giorni fa, l’Associazione in questione è La Serliana e Alessandro Cardone, che ha condotto la visita, ha fornito al gruppo le seguenti informazioni.
Storia del Parlamentino
Dopo la primitiva collocazione nel Palazzo della Stamperia al Tritone, già residenza di Donna Olimpia Pamphilj, fra il 1910 e il 1914 fu costruita ex novo la nuova sede del Palazzo dell’Agricoltura. Fu scelta un’area demaniale fino allora verde, annessa al Convento di S. Maria della Vittoria, presso Largo S. Susanna. L’incarico dell’esecuzione del progetto, e della direzione dei lavori, fu affidato all’ingegner Giuseppe Canonica del Genio Civile.

La realizzazione del Palazzo si inquadra nella grande urgenza di trasferire la capitale, e gli uffici e il personale relativo, da Firenze a Roma. Già dal 1871 era iniziato un rapido processo di erosione del verde urbano per far spazio alle nuove costruzioni; era iniziata la speculazione edilizia e si era avuto un vertiginoso aumento dei prezzi dei terreni. In breve tempo furono lottizzate e scomparvero magnifiche aree verdi quali Villa Massimo, gli Orti Sallustiani, Villa Bonaparte e Villa Ludovisi.
La mancanza di documenti rende difficile definire i criteri secondo i quali i vari artisti furono chiamati alla decorazione interna del Palazzo dell’Agricoltura; non risulta che sia stato bandito alcun concorso né che alcuna commissione abbia provveduto ad assegnare incarichi. Al pittore lucano Andrea Petroni (Venosa 1863 – Roma 1943) fu affidata la decorazione della sala più importante: il Parlamentino o Sala dei Consigli Superiori, a forma di emiciclo e con seggi. L’origine lucana del ministro Francesco Saverio Nitti spiega forse le ragioni dell’incarico.

Andrea Petroni studiò pittura all’Istituto delle Belle Arti di Napoli, grazie ai sussidi che la Provincia della Basilicata, con molta lungimiranza, elargiva a giovani di famiglie poco abbienti che mostrassero doti particolari. Dopo le scuole elementari iniziò a lavorare come copista nell’Ufficio del Registro della sua città; notato per le sue capacità grafiche di ‘schizzare dal vero’, ottenne il sussidio e si trasferì a Napoli, nel desiderio di seguire le lezioni di Domenico Morelli. Fu tra i decoratori del Caffè Gambrinus.
Nel 1910 partecipò a una mostra a Buenos Aires e all’esposizione internazionale della IX Biennale di Venezia con Magna Grecia e Dove fu Eraclea, quadro che fu acquistato dalla Regina Margherita. Nel 1911 espose per l’ultima volta a Napoli alla ‘Salvator Rosa’. Trasferitosi a Roma, dove visse per oltre trent’anni e morì, fu chiamato a decorare il Parlamentino.

Le decorazioni procurarono all’artista i complimenti di Gabriele D’Annunzio. Sulla parete semicircolare, anziché rappresentare l’allegoria delle regioni italiane con i loro prodotti caratteristici, Petroni dipinse una lunga fascia raffigurante una teoria di fanciulle danzanti, su ghirlande di frutta, legate da festoni floreali.
Il tema della danza connesso alla figura femminile, uno dei più diffusi nella decorazione Liberty, è qui ripreso da Petroni per le qualità di ritmica sequenza nello spazio e per le possibilità di sottolineare il tema floreale, trama di cadenze di pura evidenza grafica che annulla ogni questione di profondità e chiaroscuro.
Questo assunto stilitico fu però abbandonato nella decorazione del soffitto: qui Petroni, forse intimidito dalla posizione dell’affresco, rinunciò a ogni riduzione in chiave decorativa per trattare il tema della semina con una contaminazione fra simbolismo e naturalismo. Su una lunghissima prospettiva, sconfinante verso l’orizzonte, avanza eroicamente in solitudine la figura del seminatore, dal gesto largo e antico.