Parla l’autrice di Scusate la polvere, Edizioni Nottetempo
Quando non viaggia, Elvira Seminara vive ad Acicastello (Catania). Giornalista, scrittrice e pop-artist, si definisce una “cantascorie”. Crede nel recupero creativo delle cose e delle parole (quelle perdute, quelle abusate) e nella riconversione dei linguaggi. Perché raccontare è “raccontaminare”, dice – i suoni, la sintassi, i piani narrativi. “Lo scrittore è un termovalorizzatore umano. Ricicla i rifiuti in risorse, trasforma il caos e gli umori oscuri in scrittura ed energia.” Con il marchio “Manomissioni”, Elvira Seminara firma borse e gioielli ricreati come “mappe narrative” attraverso il riuso di materiale di scarto e sedimenti urbani.

Tra le sue ultime pubblicazioni, il romanzo L’indecenza (Mondadori, 2008) e I racconti del parrucchiere (Gaffi, 2009). Suoi racconti sono apparsi in diverse antologie Mondadori tra le quali il supergiallo Eros e thanatos e Non è un paese per donne, uscito nel settembre 2011. Un suo saggio sugli incipit letterari è presente nel volume Cronache dal Bigbang (Hacca, 2011). Suoi testi sono tradotti in diversi paesi.
Scusate la polvere ha meritato il prestigioso riconoscimento “romanzo da film” da ben due giurie internazionali: quella del Festival del cinema di Roma e quella della Fiera del libro di Torino (progetto Adapt lab), che lo ha scelto come soggetto da sceneggiare. La protagonista della storia, Coscienza, ghostwriter di tesi di laurea, si scopre improvvisamente vedova a quarantaquattro anni; a rendere il lutto ancor più problematico, una sconosciuta trovata morta nell’auto di suo marito, nello stesso precipizio. Chi era la donna ma, soprattutto, chi era suo marito? Con le amiche di sempre, Coscienza avvia una grottesca indagine che, con il contributo della madre malata di Alzheimer, di una portinaia superstiziosa e di un avvenente chirurgo serial-filler, diventa un’irresistibile commedia umana. Una dark comedy “coliticamente scorretta” giocata sui nuovi tic sociali e le domestiche ossessioni.
Elvira, c’è una ragione particolare per la quale la protagonista della storia è una donna? Anche a giudicare dagli altri tuoi lavori, ti senti forse più a tuo agio con i personaggi femminili?
Eppure no. Protagonista del romanzo che sto scrivendo è un uomo di quarant’anni, ed è stato molto divertente immaginare di dare voce a un uomo, e farlo muovere nella mia storia col suo corpo e il suo cervello, così diversi da quelli delle donne. E nei miei racconti metto spesso figure maschili. Però è vero che l’autore in genere dà vita a personaggi del suo sesso. Ma non penso sia una scelta di campo, semplicemente padroneggi meglio la tua prospettiva di genere. Così come ambienti le tue storie nelle città in cui hai vissuto, e non perché le ami di più, ma perché le conosci meglio!
Quanto c’è di te nella tua protagonista – e più in generale, quanto di te, della tua vita, c’è nei tuoi personaggi e nelle tue storie?

Della mia biografia per fortuna poco, essendo le mie storie profondamente nere! Però ogni autore, come diceva la Morante, mette sempre in scena se stesso, con proprio scandalo e meraviglia. Del mio ultimo personaggio, la Coscienza di Scusate la polvere, mi piace immaginare mia quell’ironia sovversiva, l’innocenza cinica, o quel lirismo folle. Ma c’è un barlume di Coscienza in ogni donna. Quel modo di vivere sulla soglia, sul filo tra ragione e senso, da equilibriste funambole.
Tu sei giornalista e romanziera. Qual è la fondamentale differenza di approccio tra i due tipi di scrittura? L’uno e l’altro possono integrarsi o, magari, cozzare?
I miei vent’anni di cronaca sono stati un ottimo antidoto, sul piano della scrittura, alla sovrabbondanza dell’io, eterna minaccia per ogni scrittore. Il giornalismo ti insegna a coniugare il noi, pratica molto più igienica del narcisismo d’autore, e soprattutto ti allena a una sensibilità sociale, a una prontezza di sentire e condividere che può solo arricchire il tuo stile, nella ricerca di sintesi e dettagli. Poi, naturalmente, ci sono le differenze, benvenute e benefiche. Perché la scrittura neutra e obiettiva invocata per un articolo può anche uccidere un libro, e d’altronde, se io avessi scritto un pezzo di cronaca nera col linguaggio turgido e visionario del mio romanzo L’indecenza sarei stata radiata immediatamente dall’albo!
Credi che l’attività di una scrittrice si differenzi in qualche modo dall’attività di uno scrittore? Esiste, secondo Elvira Seminara, una “scrittura femminile”?
Penso che esista una scrittura femminile – cioè carica di sensibilità, portatrice di inconscio, evocativa, sensoriale – come esiste una scrittura maschile, cioè più logica, strutturata, più razionale (e forse più “sociale”), ma indipendentemente dal sesso del suo autore. Cioè identità sessuale e di scrittura non vanno insieme. D’altronde Proust ha una scrittura femminile, ma Balzac ha una scrittura maschile, come Stendhal, che piaceva a Sciascia, il quale scrive maschile al contrario di Brancati, che ha uno stile morbido e setoso. Mi piace pensare, per fare un esempio al Canada-donna, lento, intimo e perturbato, raccontato dalle grandi Atwood e Munro, e al Canada-maschio, irruento, cinico e politico, raccontato dal beffardo Mordecai Richter.
Questo non significa che le scrittrici siano del tutto salve oggi dal pregiudizio, naturalmente, anche se siamo molto più presenti in libreria. Penso che il disprezzo paternalistico di Croce per quel “pulviscolo di romanzatrici” che trionfavano fra fine Ottocento e primo Novecento affiori a volte nascostamente. Certo, è indubbio che i romanzi di Regina di Luanto, Neera, Mura, Térésah, George Marion, Bruno Sperani, Luigi di San Giusto, Marchesa Colombi, Jolanda (molti dei quali, non a caso, firmati con pseudonimi maschili) fossero decisamente scritture rosa, intrise di svenevolezze, arditezze eroiche ed erotiche per fanciulle, ma il fatto che Gramsci definisse “una gallina” un’autrice di best seller come Carolina Invernizio, tradotta persino in America latina, la dice lunga sulla discriminazione di genere.
Le statistiche ci dicono che le donne leggono più degli uomini (perlomeno la narrativa). D’altra parte, i libri più “visibili” sono più spesso scritti da uomini. Ritieni che si tratti di una contraddizione rilevante? E a che cosa è dovuta?
Non riesco a vedere il fenomeno in termini sessuali. Al contrario, mi pare che adesso l’editoria si orienti più verso le autrici. Il problema semmai è vedere cosa scrivono, queste donne, perché se si tratta di libri di cucina, di dieta, di shopping o di floricultura, anche se truccati da narrativa, preferirei non vederle in classifica. D’altro canto, fra i libri più venduti ci sono romanzi d’amore ed eros adolescenziale scritti da maschi che però appartengono alla più dannosa letteratura rosa!
Ottimo servizio. Domande intelligenti e risposte altrettanto intelligenti. Elvira, come ho già avuto modo di scrivere, non è solo una grande scrittrice ma un personaggio in grado di smuovere le Coscienze, fare tendenza, creare seguito attorno a sé.Il suo libro è universale, ha portato una ventata di freschezza, soprattutto in una Sicilia stereotipata da coppole e lupara, gialli polizieschi e intrighi mafiosi. Ben vengano penne effervescenti di questo tipo. Un incontro tra grandi donne. La Charbonnier…solo a scriverne il nome, svengo per l’emozione.
Salvo Zappulla
Grazie, Salvo… anche delle risate che sempre mi regali!
Felice e onorato di averti conosciuta mi associo a quanto già detto da Salvo Fasulla. Riccardo Marchese
errata corrige “zappulla”
Molte grazie, Riccardo!
Rita ,é un piacere… Riccardo
Solo ora ho trovato il tuo blog. Veramente interessante
Grazie, Marina. Mi fa molto piacere.