Ho avuto modo di conoscerlo, ma non di riconoscerlo. Un incontro fugace

Nell’estate del 2008 mi trovavo a New York. Non alloggiavo esattamente nella Grande Mela, ma facevo base nella meno elegante Staten Island che fronteggia Manhattan; ero lì per effettuare alcune ricerche letterarie a proposito di Antonio Meucci e Giuseppe Garibaldi (che vissero nella stessa casa, appunto a Staten Island, per qualche tempo). Al termine del periodo di lavoro, monacale e anche un po’ triste, una cara amica americana mi convinse a trasferirmi a Manhattan per concedermi almeno una settimana di svago.
Avventure (è la parola giusta) che in questa sede preferirei non riferire mi portarono ad alloggiare nel quartiere Tribeca, un posto da ricchi, il glamour del glamour, nel super-attico di un super-palazzo di super-appartamenti affacciati sull’Hudson River. Nel super-palazzo a fianco, mi si diceva, abitava Meryl Streep.
E un pomeriggio, rientrando, in ascensore, mi sono ritrovata faccia a faccia con James Gandolfini. Voglio dire, io e lui e nessun altro. Vari episodi dei Soprano (serie tv di culto, generalmente amata dagli sceneggiatori, che Gandolfini interpretava) mi sono passati davanti agli occhi della mente in un paio di secondi.
E invece no. Perché io, James Gandolfini, non l’ho mica riconosciuto. Le rotelle del mio povero cervello, abituate in quei giorni ad avere a che fare con tutt’altre cose, hanno macinato la vaga percezione di una faccia e una corporatura in qualche modo note, però erano associate a qualcosa di remoto. Poiché, credetemi, per una sceneggiatrice come ero io allora, tra il sentir citare ed elogiare i Soprano in una pausa di un brain-storming e il ritrovarsi in un ascensore a Tribeca con il protagonista della serie, c’è una distanza abissale. Sono eventi che risiedono in regioni del cosmo molto lontane tra loro.
Ovviamente, non ho detto una parola. L’ho guardato (lui non mi guardava) per poi abbassare gli occhi sulla punta delle scarpe (mie) pensando: ma dove l’ho già vista questa bella, franca faccia? Questi occhi vivi, questa bocca tagliente, questo naso prominente e spiritoso? Boh, vabbè, tanto tra un po’ vado a cena da Ninja New York. E quando lui è uscito dall’ascensore, con un educato, quasi timido mezzo cenno di saluto, e io sono rimasta in solitudine a terminare l’ascesa verso l’attico, mi sono detta: porca miseria, ma era quello dei Soprano, era James Gandolfini!
Un eccellente attore, venuto purtroppo a mancare nel Paese dei suoi avi, a pochi chilometri dal luogo nel quale mi ritrovo a evocarne la presenza. Però ci restano le sue interpretazioni. Poiché l’attore, l’eccellente attore, nell’epoca dell’arte tecnicamente riprodotta, per sua e nostra fortuna, non muore veramente. Mai.
Che bel ricordo, cara Rita. E’ un piacere leggerti, sempre. E qui con la sapiente regalità della tua scrittura, che galleggia su toni lievi e al tempo stesso immanenti, sei riuscita per qualche istante a riportare in vita James Gandolfini. Attore sensibile e poliedrico, di rango.
Grazie per il tuo ricordo. Che riposi in pace.
A.