Pulcinella, la maschera dei mondi alla rovescia

Storia della famosa maschera napoletana, le cui origini risalgono al ‘500

Articolo di Maria Pia De Martino

Alcune maschere di Pulcinella.
Immagine di Punch Pizza @ Flickr Creative Commons

La maschera di Pulcinella nasce a Napoli nella seconda metà del ‘500 grazie all’attore Silvio Fiorillo. Originariamente il personaggio indossa un cappello bicorno e ostenta barba e baffi; il suo nome si pensava derivasse da “Pulcinello”, piccolo pulcino, per via del naso a becco.

Alcuni autori lo fanno risalire a un cognome all’epoca molto diffuso in Campania, Polsinelli. Altri ancora ne spiegano l’origine facendo riferimento all’ermafroditismo intrinseco del personaggio ovvero al diminutivo femminilizzato di “pollo-pulcino”, del quale Pulcinella imita la voce stridula. In questo senso egli rappresenta la figura dualistica di tramite uomo-donna, stupido-furbo, demone-santo, città-campagna, saggio-sciocco — un dualismo che sotto molti aspetti rispecchia la natura pagano-cristiana della cultura napoletana popolare. L’ipotesi più accreditata riguardo al suo nome, tuttavia, è quella che lo vuole derivare dal nome di Puccio D’Aniello, detto anche Paoluccio della Cerra, un campagnolo di Acerra che incontrò una compagnia teatrale itinerante di attori francesi e vi si unì recandosi Oltralpe con il nome “Pollichinelle”.

Eminenti studiosi come Margaret Bicher fanno discendere la maschera di Pulcinella addirittura dal “Maccus” delle Fabulae Atellane dell’epoca pre-romana o dallo Zanni, altra maschera della commedia dell’arte. C’è chi vuole discenda da “Kikirrus”, una maschera atellana teriomorfa dal lungo naso adunco e dalla voce chioccia che ricorda il verso del gallo. Maccus rappresenta il sileno o il satiro e porta una mezza maschera sul volto, come successivamente useranno gli attori della commedia dell’arte. Ma il Pulcinella di Silvio Fiorillo si ispirò al personaggio di Puccio D’Aniello e questo lo sappiamo per certo da un ritratto del pittore Ludovico Carracci.

Carlo Enrico di San Martino, Vera effigie di Paoluccio della Cerra, detto comunemente Pulcinella: incisione basata su un ritratto, perduto, di Ludovico Carracci.

Pulcinella appare per la prima volta come maschera ufficiale della Commedia dell’Arte nel 1632, anno di pubblicazione della commedia La Lucilla costante di Fiorillo — partendo da Napoli insieme ai capitani vanagloriosi Matamoros e Rodomonte e ai compagni di sventura Coviello e Pascariello, e parlando una lingua meticcia tra il napoletano e lo spagnolo. Approda così nelle grandi compagnie comiche del Nord incontrando Arlecchino, servo bergamasco afflitto come lui dalla disgrazia della fame perenne. La figura fisica definitiva di Pulcinella arriverà però con Antonio Petito nell’800; addirittura si è proposta di recente un’interpretazione dei tratti somatici della maschera che individua nelle profonde rughe della fronte, e negli occhi scavati, le caratteristiche craniometriche tipiche degli abitanti dei fitti e chiusi microsistemi dei quartieri più popolari della Napoli dell’epoca.

Oltre che nella Commedia dell’Arte, Pulcinella è protagonista del teatro dei burattini dove non è più servitore ma archetipo di vitalità — un anti-eroe ribelle e irriverente che combatte e sconfigge tutte le contrarietà e i nemici più improbabili: infatti egli lavora per Mangiafuoco a cui si ribella per difendere gli altri burattini dallo sfruttamento di quest’ultimo, come fa anche Pinocchio. Silvio Fiorillo affiderà il suo Pulcinella ad Andrea Calcese e attraverso altri grandi attori come il Fracanzani e l’Altavilla si giunge, nel tempo, al Petito che lo affiderà, alla sua morte, a Giuseppe De Martino e poi a Salvatore De Muto — dopo il quale sarà Eduardo De Filippo a impersonare la maschera. Altri grandi Pulcinella del nostro tempo sono stati Massimo Ranieri, Massimo Troisi (memorabile Il viaggio di Capitan Fracassa) e Pino Daniele (Suonno d’ajere), senza dimenticare Nino Taranto, Achille Millo, il Marcelli e Peppe Barra.

Anche nella pittura molti grandi artisti hanno immortalato la nostra maschera. Un famoso quadro di Giandomenico Tiepolo, con soggetto principale Pulcinella, gli fu commissionato dopo la metà del ‘700 da una nobile famiglia veneziana: la popolarità di Pulcinella era dovuta al fatto che egli rappresentava nell’immaginario collettivo la ribellione sociale e politica verso l’ancien régime europeo, che in quegli anni cominciava a diffondersi e sarebbe poi culminata nella Rivoluzione francese. Egli infatti è sintesi degli opposti che convivono felicemente — imbroglione e altruista, pigro ma pronto a tutto pur di saziare la sua perenne fame, povero servo rassegnato ed eroe combattente per una vita migliore.

Con la morte di Antonio Petito però il grande “teatro di Pulcinella” diventerà il “teatro su Pulcinella”, portato al massimo successo da Raffaele Viviani. Qui Pulcinella è perduto in una sorta di condizione sognante, costretto a muoversi in un mondo di ipocriti e opportunisti. Ed è qui che la sua figura si intellettualizza; il buffone canzonatorio e disimpegnato che conosciamo scompare per lasciare il posto all’uomo sconfitto dai propri egoismi e dai propri fallimenti. Siamo nel 1933 e Viviani titola la sua commedia L’ombra di Pulcinella: da allora in poi la maschera, nel suo carattere originale, vivrà solo nel teatro dei burattini e per un pubblico infantile.

Uno dei tratti costanti della personalità di Pulcinella nei secoli, dalle farse pre-romane alle “pulcinellate” moderne, è il suo comportamento linguistico — fatto di lazzi arguti e dissacranti — che mira non solo ad allietare o a destabilizzare gli interlocutori, ma anche a volgere a proprio favore situazioni sfavorevoli, mettendo in atto una particolare capacità di inventare fatti e racconti incredibili attraverso i quali riesce sempre a cavarsela, facendosi gioco dell’antagonista di turno. Il discorso spesso è ambiguo e creativo e va inteso al contrario, trattandosi di un linguaggio non attendibile, visto che i comportamenti che ne conseguono sono sempre dissonanti (le “pulcinellate”: si racconta un fatto vero ma lo si presenta in modo opposto a come si è svolto realmente, si dice di fare una cosa e se ne fa sfacciatamente un’altra, si inventano fatti che si illustrano in modo credibile ma che sono insensati nel loro accadimento. Si camuffa la realtà dicendo però la verità).

Alla luce di tutto ciò una figura letteraria che potrebbe essere paragonata al nostro Pulcinella è Baudolino, protagonista dell’omonimo romanzo di Umberto Eco: le vicende di Baudolino ricalcano il destino di Pulcinella. Il romanzo, ambientato tra il XII e XIII secolo, narra le avventure del disgraziato contadino scaltro, bugiardo e grande fantasioso, che riesce a conquistare la stima e l’amicizia di Federico II fino a diventarne il consigliere personale e a cambiare il verso della Storia. Pulcinella e Baudolino: grandi affabulatori! È definitiva per i destini di entrambi la funzione “poietica” dell’arte affabulatoria e di quella parola che condiziona le loro e altrui vite. Un uso “magico” della parola che i due fanno per intervenire sulla realtà, al fine di indirizzare gli eventi nel senso positivo per sé ma con possibili esiti sorprendenti e contrari. Attraverso l’uso magico che Pulcinella fa del suo linguaggio viene a crearsi un mondo alla rovescia dove accadono fatti surreali in cui si controverte la natura: vediamo così conigli che cacciano i lupi, servi che bastonano i padroni, dando vita a quel vasto immaginario del mondo capovolto che si realizza persino linguisticamente. Un modo per sdrammatizzare la propria situazione e fronteggiarla con leggerezza e buon senso, accortezza e superficialità, malinconia e giovialità in un mondo al contrario che funziona alla perfezione, se non altro linguisticamente. Un linguaggio alla rovescia che altro non è che la veste verbale di una maschera che appare come una figura dell’inversione: in questo senso Pulcinella va inteso come promotore del possibile cambiamento di una condizione sociale drammatica e di un favorevole rinnovamento dell’uomo e della Storia. Così anche il Baudolino di Eco.

Ma se il nostro Pulcinella crea linguaggi e mondi al contrario che riconoscono però infine la triste verità della realtà e che per questo durano il tempo di una farsa (e poi tutto torna nell’ordine prestabilito delle cose), per Baudolino è ben più triste la vicenda della vita: creando mondi al contrario, egli ne sarà infine travolto. Con Pulcinella ciò non accadrà mai. Pulcinella resta fedele a se stesso, al suo sogno di immaginare la Bellezza che per un istante rende viva, nella configurazione eterna di ciò che non possederà mai, né mai forse vorrà realmente possedere.

Maria Pia De Martino

Nata in provincia di Isernia, Maria Pia De Martino si è laureata in Medicina a Napoli, dove ha anche conseguito la specializzazione in Pediatria ed esercita la professione di pediatra ospedaliera. Scrive fin da giovanissima; ha pubblicato diverse raccolte di testi poetici, vinto premi e presieduto a sua volta concorsi di poesia. È fondatrice e Presidente dell’Associazione Culturale “Le Nuvole” di Napoli e presidente del premio letterario nazionale “Le Nuvole-Peter Russell”; collabora con diversi artisti, intellettuali e istituzioni culturali.

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Questo è il sito di Rita Charbonnier, autrice dei romanzi Figlia del cuore (di prossima uscita per Marcos y Marcos), La sorella di Mozart (Corbaccio 2006, Piemme Bestseller 2011), La strana giornata di Alexandre Dumas e Le due vite di Elsa (Piemme 2009 e 2011). Scopri di più...

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