«Harold e Maude»: l’amore senza età

Harold e Maude

A proposito di un film di culto che tratta temi scabrosi

Nota: quando uscì, nel 1971, Harold e Maude fu accolto con freddezza per divenire un film di culto una decina d’anni dopo, ed essere infine annoverato tra i classici meritevoli di conservazione nella Biblioteca del Congresso USA. Al centro della narrazione, una coppia improbabile: un ricco ragazzo annoiato, affascinato dalla morte, e una meravigliosa vecchia incapace di percepire i mali del mondo.

Articolo di Eugenio Rescazzi

Harold e Maude - la locandina

Maude ha 79 anni ma nel grigiore umano che la circonda risplende come un girasole. Il suo umore è vivace anche quando si reca a un funerale; cammina entusiasta tra la folla distinguendosi con quella che un tempo, durante gli scioperi, era la sua arma personale — un ombrello giallo. L’eccentrica donna (nel film interpretata da Ruth Gordon, premio Oscar come attrice non protagonista di Rosemary’s Baby) ama la vita ed è un concentrato di eccentricità e bizzarrie. Di contro, il diciottenne Harold (Bud Cort) è un giovane borghese nevrotico che inscena suicidi per attirare l’attenzione della madre bigotta e benpensante, chiusa nell’ostinazione a educarlo secondo le buone maniere dell’alta società.

Harold e Maude sono dunque lontani per età, ma non solo: anche per ceto. Lei vive in un vagone-treno abbandonato, lui in una sontuosa villa con domestici. E se Maude ha vissuto intensamente ed è per natura disposta ad aprirsi alla vita, Harold è un adolescente che non ha vissuto abbastanza e dalla vita sceglie di dissociarsi. L’ossessione per la frequentazione dei funerali, che a detta di Maude rappresentano il grande cerchio della vita, porta i due a conoscersi e stringere una profonda amicizia.

Maude stravolge la vita di Harold. Succube della madre e di una sfrenata voglia di farla finita, lui ha vissuto fino a quel momento un’esistenza buia, macabra, solitaria. Ne sono la prova gli oggetti che lo circondano: i candelabri che troneggiano nelle stanze, l’auto funebre che lui decide di acquistare, il colore scuro degli abiti che porta, nonché il suo volto sconfitto e freddo, che non accenna mai a un sorriso, e gli innumerevoli stratagemmi che escogita per fingere il suicidio. Nella dimora di Maude, invece, si respira vita ovunque. Ci sono tele artistiche, torte allo zenzero, sculture, uccellini, fiori, piante, c’è il suono del pianoforte, e la luce la fa da padrona…

La vita ci è stata data per scoprirla, non dura mica in eterno.

Così dice Maude ad Harold, durante il viaggio verso la conoscenza e la scoperta dei valori della natura lungo il quale lo accompagna; perché è fondamentale cambiare, fare esperienze, cercare sempre nuove strade. Bisogna correre rischi, soffrire anche a volte, ma vivere: è questo il più grande insegnamento che lei gli impartisce. E non è vero poi che siamo tutti uguali, come crede lui mentre osserva le margherite in un prato, desiderando trasformarsi in una di loro: ognuna è diversa dall’altra, così come ogni essere umano è unico a modo proprio. 

In questo classico del cinema, risalente al 1971, il regista Hal Ashby e lo sceneggiatore Colin Higgins raccontano una favola che analizza in modo spietato la società americana degli anni ’70 del Novecento. Il comportamento dei due protagonisti rappresenta una denuncia e una ribellione nei confronti di una società piatta, superficiale e ipocrita, caratterizzata da regole sterili e opprimenti; la storia esprime idee di libertà e individualità che in quel periodo avevano la loro massima espressione. Nell’America della creatività e della voglia di progresso nascevano infatti contestazioni, tensioni generazionali e comportamenti aggressivi. D’altra parte, il film lascia emergere in filigrana le inquietudini di una gioventù cresciuta in uno dei periodi più dolorosi della storia americana: sullo sfondo emergono elementi legati alla guerra del Vietnam.

Con uno sguardo ai problemi del proprio tempo, Ashby dirige dunque una meravigliosa storia d’amore all’interno di un film che ha del sovversivo. Gli autori si schierano apertamente contro il corpo sociale, capace solo di definire immorale la storia sentimentale tra quei due esseri così diversi. Le reazioni all’annuncio di Harold di voler sposare Maude evidenziano la convenzionalità di una società a binario unico, e allo stesso tempo il desiderio di vivere senza condizionamenti. La madre di Harold rimane incredula di fronte alla notizia della volontà del figlio di sposare una vecchia, lo zio Victor (ex colonnello dell’esercito) parla dell’unione in questione come di qualcosa di anormale, lo psicologo del giovane definisce come nevrotica la sua decisione di sposarsi rimanendo perplesso sulla sua volontà di dormire con quella che potrebbe essere sua nonna, il prete prova ribrezzo alla sola idea dell’unione sessuale tra i due…

Il film costituisce un manifesto al diritto a non conformarsi, nonché un inno alla libertà individuale e alla fantasia. È un viaggio che tocca in modo delicato corde sentimentali e grandi temi universali. Le musiche malinconiche di Cat Stevens rispecchiano il modo di essere di Harold e Maude e invitano a vivere appieno la propria esistenza. Ma una volta che è giunta a 80 anni, Maude sente che è arrivato il momento, questa esistenza, di lasciarla; e non c’è miglior congedo per lei che una festa di compleanno, trascorsa con la persona che ama e che lei ha cambiato nel profondo. Ecco quindi che il finale rappresenta il paradosso che ha accompagnato l’intero viaggio: il desiderio di morte di Harold si è trasformato in voglia di vivere, per Maude è avvenuto l’opposto.

Eugenio Rescazzi


Eugenio Rescazzi ha 29 anni. Si è laureato in Giurisprudenza all’università di Trieste ma poi ha cambiato strada: da sempre appassionato di cinema e di spettacolo, si è trasferito a Roma per frequentare un master in cinematografia.

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Questo è il sito di Rita Charbonnier, autrice dei romanzi Figlia del cuore (di prossima uscita per Marcos y Marcos), La sorella di Mozart (Corbaccio 2006, Piemme Bestseller 2011), La strana giornata di Alexandre Dumas e Le due vite di Elsa (Piemme 2009 e 2011). Scopri di più...

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