La storia della dottoressa siciliana che è diventata mamma in Africa. Senza essere sposata

La legge italiana proibisce — salvo casi particolari — l’adozione di un bambino da parte delle persone non sposate. Che sono ormai un esercito: secondo i dati Istat, le famiglie unipersonali sono un terzo del totale e i single rappresentano il 35% dei proprietari di casa. Alcuni anni fa, una dottoressa siciliana di nome Cristina Fazzi divenne madre adottiva, da nubile, grazie a una sentenza che fece scalpore: l’ho contattata tramite Facebook e le ho chiesto di raccontarmi la sua storia.
Cristina partì per lo Zambia dalla Sicilia, la sua terra, nel maggio del 2000. Dopo la laurea in Medicina, e la specializzazione in Chirurgia Generale, immaginava di fare la chirurga in ambito universitario o ospedaliero. Non coltivava il sogno di diventare madre; desiderava soprattutto affermarsi nel lavoro. Né era mai stata nei suoi pensieri l’Africa; il continente nero le faceva persino un po’ paura.
Tuttavia, una sua collega che era partita come missionaria per lo Zambia, su incarico di un’Associazione umanitaria, fu costretta a rientrare prima del previsto per problemi familiari. Aveva dovuto lasciare un ospedaletto nella boscaglia privo di un medico e di cure sanitarie, e ne era dispiaciuta e preoccupata; ne parlò con Cristina, la quale si offrì di prendere il suo posto per sei mesi, finché l’Associazione non avesse trovato un sostituto.
Il sostituto non si trovava, e i sei mesi nello Zambia divennero dodici. Poi diciotto. Poi ventiquattro. Poi il progetto dell’Associazione umanitaria terminò. E Cristina rimase.
Era l’unica persona in grado di prestare cure mediche in un territorio grande quanto la Sicilia orientale. Un territorio nel quale la condizione sanitaria era scadente e la malnutrizione, la malaria e l’AIDS seminavano migliaia di morti in tutte le fasce di età. Di certo Cristina non pensava che la sua presenza fosse determinante per risolvere i problemi di una terra messa in ginocchio dalla miseria, ma era convinta che per lei avesse più senso rimanere nello Zambia che rientrare in Italia, dove il rapporto numerico tra medici e ammalati era quasi di uno a uno.

L’incubatrice da campo
Un giorno di maggio del 2004 le portarono un neonato prematuro che pareva un uccelletto. Pesava ottocento grammi. Era orfano; la madre era morta di emorragia post-partum e il padre era venuto a mancare alcuni mesi prima, per chissà quale malattia. Nell’ospedaletto di Mishikishi, nella provincia di Copperbelt, Cristina non aveva a disposizione luce elettrica né acqua corrente; figuriamoci un’incubatrice. Allora prese una scatola di cartone, praticò buchi sulle le pareti, vi dispose attorno alcuni bracieri e all’interno depose il piccolino, avvolto nella lana. L’incubatrice da campo funzionò.
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Cristina tenne il neonato con sé finché non raggiunse i due chili e mezzo di peso. Immaginava che a quel punto sarebbe stato affidato alla bisnonna, sua unica parente in vita, ma l’anziana le confidò di non avere né la forza, né le sostanze per potersene occupare. Non appena la dottoressa avesse messo il fantolino tra le sue braccia, lei l’avrebbe portato in un orfanotrofio e abbandonato lì.
A quel punto Cristina Fazzi chiese ai Servizi Sociali del posto di potersi occupare del bambino in prima persona; la richiesta di affido fu accettata e lei poté tenerlo con sé. Dopo tre anni presentò richiesta di adozione presso il Tribunale dei Minori dello Zambia, che nel 2008 la accolse (lei era nubile, ma i single hanno il diritto di adottare anche nello Zambia). E dopo altri tre anni, nel 2011, il Tribunale dei Minori di Caltanissetta dichiarò efficace il provvedimento di adozione anche in Italia.
Quello di Cristina Fazzi è stato il primo caso di donna italiana nubile residente all’estero, la cui idoneità genitoriale fosse stata accertata all’estero e che avesse ottenuto un provvedimento di adozione emesso da un Tribunale dei Minori straniero, a ottenerne il riconoscimento anche in Italia. Il caso ha costituito un precedente giuridico, aprendo la porta a una serie di adozioni ratificate all’estero e recepite nel nostro Paese, anche per donne non coniugate.

Cristina Fazzi: la calunnia è un venticello
La notizia apparve su numerosi quotidiani, riviste e testate online. Su alcune di queste ultime era possibile lasciare commenti.
Prima di agevolare una situazione anomala (single) perché non aiutare le coppie che stanno aspettando da tanto tempo un bambino???? Di questo passo si arriverà ben presto all’adozione gay… o forse l’unica via veloce conosciuta in Italia in tutti i campi è quella delle mazzette!!!???
Esistevano altre opzioni che la signora in questione mi pare non abbia considerato: sposarsi (non è una malattia) o trasferirsi definitivamente in Zambia, dove lei ha sicuramente contatti con organizzazioni sanitarie, presso le quali potrebbe benissimo continuare a lavorare come pediatra. A volte ci si complica la vita per niente!
In linea generale consentire in Italia ciò che la nostra legge proibisce, solo perché nello Zambia è già stata registrata l’adozione, significa dire che la legge italiana è inferiore a quella dello Zambia… Ma poi, a lei, che le serviva adottare quel bambino anche in Italia?
Ho riportato solo alcune tra le velenose cretinate che furono scagliate su un bambino e su una madre (anche da altre madri). Sì, cretinate. Ecco perché:
- Il bambino non era adottabile da alcuna coppia italiana, perché era già stato adottato nello Zambia e perché lo Zambia non ha accordi con l’Italia in materia di adozioni internazionali.
- Il Tribunale di Caltanissetta ha applicato la legge sull’adozione (n. 184 del 1983) alla lettera. Essa infatti prevede nell’articolo 44 (poi modificato in base alla legge n. 149 del 2001) alcune eccezioni alla regola che riserva l’adozione alle coppie sposate: i singoli possono adottare qualora il minore sia orfano di entrambi i genitori (come il bambino in questione) e l’adottante abbia con lui un vincolo di parentela o una relazione affettiva preesistente.
- Senza il riconoscimento dell’adozione da parte italiana, Cristina e il suo bambino erano madre e figlio nello Zambia ma, in Italia, due estranei. Grazie al provvedimento, lui è divenuto cittadino italiano e quindi è tutelato: se mai a Cristina dovesse succedere qualcosa, non finirà in un orfanotrofio.
Oggi la dottoressa Fazzi è in grado di parlarne con una certa serenità, ma al tempo le maldicenze la ferirono. La mamma degli haters è sempre incinta, o no?