L’affidamento familiare nelle sue difficoltà, nelle sue sorprese e nei suoi alti e bassi emotivi: una madre affidataria (che preferisce restare anonima) ci racconta la sua complessa ma appagante esperienza

La mia famiglia ed io abbiamo sperimentato l’esperienza dell’affido di un bambino di 6 anni. Avevamo già un ragazzo di 11 anni (oggi 12) che lo ha accolto con entusiasmo e contentezza, con una tale naturalezza che non ci siamo stupiti più di tanto quando, proprio come due fratelli, hanno cominciato a litigare.
A parte gli scherzi, vanno molto d’accordo e hanno imparato a prendersi le reciproche misure e, anche se ancora oggi ci sono naturali momenti di litigio, i due ragazzi hanno un buonissimo rapporto e, ovviamente, noi ne siamo molto contenti.
Che dire: essere una madre affidataria — un genitore affidatario — è un’esperienza molto faticosa, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Quello che abbiamo notato è che tutto quello che ti dicono per prepararti, tutte le difficoltà a cui cercano di prepararti, non sono niente in confronto alla realtà. Il bambino, ovviamente, ha avuto e ha bisogno di particolari attenzioni per via del suo trascorso e questo, in aggiunta alle varie esigenze della famiglia d’origine che comunque dovevano essere salvaguardate, ci ha letteralmente sfinito.
Gli sforzi, però, sono stati ampiamente ripagati: il bambino ha fatto tanti e tali progressi nel superare alcune delle sue paure e nel curare alcune delle sue ferite che oggi, a distanza di un anno solo, è un bambino completamente diverso e per certi versi irriconoscibile.
È un bambino intelligente che, nonostante alcune lacune comportamentali e di socializzazione che gli hanno reso difficile persino l’inserimento scolastico, oggi è perfettamente integrato nella sua classe, apprezzato dalle insegnanti, benvoluto dai compagni, con alcuni dei quali ha stretto bellissimi legami affettivi e di complicità.
Naturalmente non è un bambino perfetto, come tutti, ha i suoi pregi e i suoi difetti; ma non era, ovviamente, su quelli che bisognava lavorare, no, non sugli aspetti caratteriali, peculiari di ciascuno, ma sulle sue profonde ferite, sulle sue insicurezze, sul suo immenso bisogno di affetto, attenzione e serenità che il più delle volte ha manifestato in modo anche poco ortodosso e che ha messo a dura prova il nostro equilibrio.
Il percorso è stato particolarmente pesante, soprattutto all’inizio, anche perché il bambino aveva bisogno di regole — non ne aveva affatto — di qualche no, di fermezza, di qualcuno che si prendesse cura di lui e non gli lasciasse il compito di farlo da solo, come aveva fatto fino a poco prima.
Fidarsi di noi, affidarsi a noi non è stato, quindi, né facile, né immediato, ma alla fine per fortuna ci è riuscito e con grossi risultati. Ci è voluto parecchio tempo, e pazienza, è vero; e tante volte ci siamo chiesti chi ce lo avesse fatto fare — è una costante di questo percorso — ma poi, tante altre, guardando il bambino, abbiamo trovato la risposta.
Non voglio illudervi: non sempre avrete le risposte che cercate.
Alcune volte ve le daranno gli assistenti sociali o i terapeuti che vi affiancheranno in questo percorso e il cui sostegno e aiuto sarà in alcuni momenti indispensabile, altre volte le troverete da soli, altre ancora non le troverete affatto, è così che funziona: non è una macchina perfetta, un meccanismo perfetto, ma si sforza di esserlo il più possibile.
Noi, poi, avevamo iniziato questa avventura con un altro spirito e tutt’altro approccio, perché avevamo fatto domanda di adozione e, invece, ci hanno chiamato e proposto questa strada diversa, completamente diversa. Parte della fatica è consistita anche nel “riprogrammare” questo approccio, perché sapevamo fin dall’inizio che sarebbe stato “a tempo determinato” e questo ci ha permesso, in qualche modo, di mantenere un certo equilibrio, fondamentale in questa avventura.
Non dimenticate mai questo aspetto importante, se vi posso dare un piccolo consiglio: ciò che voi darete al bambino che vi verrà affidato sarà un qualcosa che probabilmente, per le condizioni in cui glielo darete, per il suo trascorso, per varie circostanze della vita, lo porterà con sé per sempre e gli servirà, sicuramente, per crescere meglio di come avrebbe fatto senza il vostro aiuto.
Ma, salvo cambiamenti in corso d’opera — come succede alcune volte — questo vostro donare sarà necessariamente per un periodo limitato di tempo: bello, ricco, difficile, faticoso, pieno di soddisfazioni, ma necessariamente limitato; anche se, in questo caso, per esperienza diretta, vi dico che per l’intensità dell’impegno e per il vissuto che vi lascerà tutto questo, vi sembrerà molto più lungo di quello che sarà stato in realtà.
In bocca al lupo a tutti!
Una madre affidataria